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LE CARCERI HANNO FUNZIONE RIEDUCATIVA E NON PUNITIVA

05-12-2022 20:35 - Redazione DA
E’ scontato che chi intravede un profitto nella gestione dei detenuti non avrà alcun interesse ad occuparsi della loro riabilitazione.
La soluzione del sovraffollamento, piuttosto, non coincide con provvedimenti di clemenza come l’amnistia o l’indulto, ma risiede nella totale abrogazione di norme liberticide e indegne di uno Stato di Diritto.
Stupri, pestaggi, ricatti, sporcizia, disturbi psichiatrici, sono le conseguenze di una colpevole disattenzione verso i detenuti che la privatizzazione non risolverà, posto che la finalità sarà quella del profitto.
La privatizzazione delle carceri, nei Paesi ove è già stata adottata, non ha risolto nemmeno l’auspicato risparmio da parte dello Stato e anzi i costi di una criminalità non rieducata, sono addirittura aumentati.
Sarebbe stato più logico procedere con una estesa depenalizzazione riferita al maggior numero di reati minori per i quali la forza deterrente risiede più nel comminare una sanzione pecuniaria che non detentiva.
Con la privatizzazione della gestione delle carceri lo Stato si vuole spogliare della funzione principale della detenzione che è quella della rieducazione e del reinserimento sociale, a vantaggio del profitto.
Intanto nell’immaginario collettivo si è alimentata la predominanza della funzione punitiva delle carceri, propria delle società tribali, a tutto svantaggio della finalità rieducativa che, in Italia, ha rango costituzionale.
Ma non è solo questo il punto dolente della questione carceraria.
Dall’inizio dell’anno si sono suicidati 58 detenuti nell’indifferenza generale.
L’assistenza ai detenuti è affidata ai cappellani penitenziari, una particolare categoria di preti che ha finanche un ruolo nella valutazione dei percorsi di affidamento dei detenuti a riti alternativi alla detenzione.
Costoro hanno un potere che travalica il ruolo che l’ordinamento penitenziario gli riconosce, e esercitano sui detenuti un potere morale che non è compatibile con uno stato di diritto.
L’articolo 27 della Costituzione così recita: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Orbene, la rieducazione non può consistere nella affiliazione forzata ad una religione attraverso la cappellania cattolica.
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