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SERVE UN'ALLEANZA TRA SCUOLA E FAMIGLIE

16-06-2021 17:14 - Antonia Romano
Dal Quotidiano del Sud - 16.06.2021.
Carissima, sono un'insegnante. Dopo aver lavorato nella scuola trentina, mi sono trasferita in Calabria, constatando il profondo gap che esiste tra scuole del nord e del sud e la povertà culturale e sociale che caratterizza alcuni paesi ad alta densità criminale della nostra terra.
Mi sono imbattuta nel video di un intervento del Procuratore Gratteri presso una scuola del catanzarese, nell’ambito di un progetto di educazione civica e ho deciso di scrivergli questa lettera aperta.
"Gentile Procuratore Gratteri, lei ha messo in guardia i ragazzi e le ragazze di Chiaravalle dai pericoli che vede maggiori rispetto alla nostra generazione, la droga (ma già negli anni 70 - ‘80 la Calabria ne era stata invasa), i pedofili, che sarebbero aumentati rispetto al passato.
La storia antica ci insegna che la pedofilia è sempre esistita.
Oggi assistiamo a: maggiori cronache sul fenomeno, maggiori possibilità di adescamento attraverso la rete, favorite anche dalla non conoscenza dei rischi, dei pericoli, delle potenzialità della rete e degli strumenti tecnologici.
Non è continuando a demonizzare il telefonino che si proteggono i ragazzi e le ragazze.
È come demonizzare il frigorifero per proteggerci da obesità e diabete.
Lei ha pubblicamente dichiarato, in un contesto educativo, davanti a giovani in formazione, che le mamme dedicano più tempo alla cura del proprio aspetto, al vestirsi come teenagers, sottraendo tale tempo all’amore e alla cura dei figli e delle figlie.
Affermare poi che i genitori di oggi sono molto più egoisti rispetto ai genitori del passato significa non aver considerazione della fase di crescita dei suoi interlocutori e delle sue interlocutrici, la fase adolescenziale, nella quale stanno costruendo la propria identità. e navigano a vista tra attaccamento acritico ai genitori e conflitto a volte anche aspro con essi.
L’ultima cosa di cui i ragazzi e le ragazze hanno bisogno è la critica negativa verso i propri genitori da parte di chi si propone ed è proposto come figura autorevole e di riferimento importante.
Lei si è rivolto a minorenni. Noi abbiamo il dovere di interloquire con i loro genitori legittimando l’importanza della loro figura, a meno che non ci siano devianze tali da dover ricorrere al tribunale.
Lei attribuisce alla madre, un ruolo protettivo, di “trasmissione di valori”, controllo e regolamentazione, totale dedizione a scapito della cura di sé.
Nessun cenno ai padri, il cui ruolo, evidentemente, rispecchia appieno gli stereotipi di genere che un approccio multidisciplinare all’educazione civica dovrebbe contrastare.
Non è forse uno degli obiettivi della scuola contrastare le disparità di genere?
Rispondendo a una domanda sul ruolo delle donne nelle mafie ha perso un’opportunità educativa, affermando che “le donne spesso sono attratte dal luccichio del denaro, dalla fascinosità del giovane che arriva nel paese, davanti al bar più importante del paese con l’ultimo modello di auto alla moda, entra nel bar firmato, luccicante” (non è chiaro se firmato e luccicante sia il bar o il ragazzo).
Ha ribadito il ruolo della famiglia nell’insegnare alle figlie l’importanza dell’avere piuttosto che l’essere, esponendole al rischio di cadere vittime del piacione malavitoso perché non “culturalmente strutturate”.
Ancora una volta colpevolizza le famiglie e le donne, questa volta figlie, senza un cenno alla società attuale, ai modelli imposti attraverso i molteplici canali a cui attingono proprio i giovani e le giovani a cui si rivolgeva, alla povertà che spesso lascia senza alternative, alla degenerazione del capitalismo e delle leggi di profitto che producono scarti, alla cultura patriarcale che impregna ancora troppe realtà calabresi e che contraddistingue anche lei.
Nel sostenere alcune affermazioni ha compiuto un’azione diseducativa.
Ho insegnato a figli e figlie, nipoti di persone condannate al carcere per atti di delinquenza accertata, manovalanza di ‘ndrangheta, ma anche boss della criminalità locale e ho visto negli occhi di quei ragazzi e di quelle ragazze una luce particolare, la possibilità di riscatto ed emancipazione da un contesto difficile e degradato.
Sta a noi persone adulte porci nei loro confronti senza pregiudizi, intercettare i loro sguardi, offrire aiuto perché escano dalle gabbie in cui la società stessa li costringe.
Affermare che cultura e arte sono le armi con cui contrastare le mafie non può essere solo uno slogan, deve essere un programma politico che preveda una radicale trasformazione della scuola pubblica, facendo di essa il veicolo principale per l’emancipazione della Calabria dalle gravi condizioni in cui si trova.
Non abbiamo bisogno di eroi né di eroine. Abbiamo bisogno di investimenti su scuola pubblica, formazione di docenti e promozione di attività culturali e artistiche per educare alla gentilezza, alla bellezza e all’empatia.
Abbiamo bisogno di aiutare tante donne calabresi a emanciparsi da condizioni di violenza domestica attraverso un reddito di autoderminazione, che consenta loro anche di prendersi cura del proprio aspetto.
Abbiamo bisogno di abbattere quegli stereotipi di genere che lei ha affermato e legittimato e di costruire alleanza tra scuola e famiglie, senza pregiudizi, senza imposizioni, avendo il coraggio di costruire insieme una nuova società, in cui cultura e valori siano in continua evoluzione"
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