obiettivo 31
L’articolo 46 della Costituzione recita: “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.
La portata di questo articolo era rivoluzionaria: le forze lavoratrici avrebbero potuto progressivamente entrare nei processi decisionali delle scelte aziendali.
Questo articolo è stato totalmente disatteso e le rappresentanze sindacali che avrebbero dovuto farsi intermediarie in una evoluzione dei rapporti tra lavoratori e datori di lavoro, hanno radicato invece la conflittualità allontanando la possibilità che i lavoratori potessero avere una rappresentanza negli organismi di gestione delle aziende.
Inevitabile è stato, successivamente, il declino dello stesso sindacato che soffre oggi di una crisi di rappresentanza di difficile soluzione.
Ristabilire un equilibrio tra le parti sociali necessita di provvedimenti legislativi.
La necessità di una semplificazione legislativa e di una codifica è senza dubbio una priorità avvertita ormai unanimemente.
La conflittualità sociale sul tema del lavoro affonda le sue radici anche nella copiosa produzione di norme che l’esperienza ha reso ingestibili perché foriere di interpretazioni contrastanti ed elusive.
La gerarchizzazione dei ruoli ha accentuato il contrasto tra lavoratori da una parte e datori di lavoro dall’altra, in una altalenante contrapposizione nella quale ogni volta tutelare gli interessi di una parte sembrava dovesse costituire necessariamente detrimento degli interessi dell’altra, ed abbiamo assistito sempre ad un tirarsi una coperta troppo corta che, si sa, lascia al freddo se non tutti, molti.
E’ plausibile pensare che in una ottica siffatta sia mancata totalmente un’etica della solidarietà sociale nella quale ognuno può affermare i propri diritti nel contestuale e reciproco riconoscimento dei diritti altrui.
La linea della negazione dei diritti tracciata dal WTO è stata recepita dal Trattato di Lisbona nel quale il libero mercato è favorito per rafforzare il valore speculativo della finanza a scapito del valore sociale del lavoro.
Nel Trattato di Lisbona infatti non compare il “diritto al lavoro” che è stato sostituito dal “diritto alla libertà di commercio” e ciò renderà più facile al libero mercato spazzare via gli aspetti sociali delle politiche del lavoro, in perfetta adesione alle politiche neoliberiste.
Già da tempo si propone di sostituire la formulazione “Statuto dei Lavoratori” per far posto a “Statuto dei Lavori” togliendo quindi la centralità agli esseri umani per porla sulla loro capacità produttiva.
Per contrastare lo strapotere contrattuale di imprenditori schiavisti, come delineato nelle prospettive del Trattato di Lisbona, e in attesa che si arrivi alla elaborazione di un contratto unico europeo , è necessario ristabilire i meccanismi di concertazione sindacale.
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