obiettivo 30
La crisi generale del sistema finanziario si è declinata nella perdita di posti di lavoro dipendente, innalzando le percentuali di disoccupazione oltre una soglia sopportabile.
Già nel 1998 fu depositata presso la Corte di Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare, promossa da organizzazioni sindacali e associazioni impegnate nel sociale, che raccolse circa 63.000 firme e che chiedeva l’introduzione di un reddito sociale minimo.
Nell’anno successivo, nel 1999, alcuni parlamentari raccolsero quelle istanze in un progetto di legge volto a istituire il reddito sociale minimo (rsm) proprio al fine di contrastare la prepotente finanziarizzazione dell’economia reale che erodeva progressivamente la classe lavoratrice trasformandola in categoria del lavoro negato.
Il rsm, equiparabile ad un assegno di disoccupazione, se fosse stato introdotto, avrebbe avuto, come effetto, anche il rafforzamento contrattuale della classe lavoratrice occupata, e avrebbe indebolito le richieste assistenziali e di elargizione caritatevole, sempre care ai neoliberisti dell’ultim’ora, che tendono a costruire il profitto preferendo le contrattazioni individuali.
La solidarietà sociale invece si costruisce nella redistribuzione dei redditi e nella erogazione di ammortizzatori sociali a tutte le categorie di occupati, inoccupati, precari, ma anche a coloro che, pur se assunti, sono sottopagati.
Democrazia Atea intende richiamare quella esperienza di proposta legislativa.
Occorre anche garantire la certezza dell’accesso al diritto, regolamentando una tempistica di erogazione che non amplifichi il disagio.
Affinché la società maturi il valore della responsabilità sociale, compatibilmente con le professionalità specifiche di cui ogni soggetto dispone, si deve anche prevedere che i fruitori di un ammortizzatore sociale non possano rifiutare una occupazione ove fosse proprio lo Stato a crearla e proporla.
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