Obiettivo 18
Il demanio idrico, il demanio marittimo e il demanio minerario, sono sempre stati oggetto di concessioni gestite direttamente dallo Stato.
Con la riforma del Titolo V della Costituzione e il trasferimento alle Regioni di potestà legislative statali, anche il demanio idrico e minerario è passato alla gestione delle Regioni che hanno visto attribuirsi il potere concessorio e la determinazione dei canoni concessori.
Solo il demanio marittimo, per ora, è rimasto nelle mani del potere statale centrale.
Nella regolamentazione del codice civile -art.822- “appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico (…) i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia”.
Una legislazione del 1998, prima ancora che la riforma costituzionale trasferisse alle Regioni i poteri statali sul demanio, aveva già consentito che “alla gestione dei beni del demanio idrico provvedono le regioni e gli enti locali competenti per territorio” e che “i proventi dei canoni ricavati dalla utilizzazione del demanio idrico sono introitati dalla regione”.
Il passaggio legislativo successivo, sul quale è necessario intervenire, è stato quello di concedere ai privati lo sfruttamento delle sorgenti d’acqua.
La revisione dei criteri di concessione mineraria deve portare a rendere impraticabile l’imbottigliamento delle acque minerali da parte di società private.
La gestione pubblica delle acque ad uso domestico e industriale, come pure la gestione delle acque reflue e di depurazione, deve portare, come naturale conseguenza, l’applicazione di tariffe congrue e l’eliminazione di tariffe ingiustificate che invece ancora vengono applicate da parte delle società erogatrici private.
L’acqua, in tutte le sue derivazioni e in tutti i suoi utilizzi, deve restare un bene pubblico svincolata da logiche di profitto.
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