26 Aprile 2024
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Obiettivo 14

La libertà di coscienza e l’obiezione di coscienza spesso sono confusi e sovrapposti e spesso anche da chi, per mestiere o per funzione, dovrebbe teoricamente essere in grado di conoscere le differenze tra l’uno e l’altro concetto.
La libertà di coscienza è un diritto fondamentale inviolabile che trova la sua fonte nella Costituzione e nelle Convenzioni internazionali sui diritti fondamentali dell’uomo.

La libertà di coscienza è un diritto supremo, che non può trovare limitazioni, che obbliga gli Stati a non compiere attività che possano limitarlo, è un diritto che non accetta deroghe.



Nessuno può accettare di compiere un’azione oppure di omettere un’azione che leda diritti assoluti, che incida sui diritti fondamentali.


Ognuno può legittimamente rifiutarsi di compiere un atto imposto se dall’esecuzione di quell’atto ne possa derivare una lesione di diritti fondamentali inviolabili, e del pari nessuno può rifiutarsi di compiere un atto doveroso se dall’esecuzione di quell’atto ne possa derivare una lesione di diritti fondamentali inviolabili. I diritti assoluti sono, a titolo esemplificativo, il diritto all’uguaglianza, alla non discriminazione, alla laicità dello Stato, il diritto alla salute, cioè tutti i diritti di rango costituzionale.


Nessun organo dello Stato può incidere in maniera pregiudizievole e comprimere i diritti assoluti.



Chi si rifiuta di compiere un atto dovuto perché ritiene di subire la lesione di diritti inviolabili, non entra in conflitto con altri valori costituzionali, ma denuncia, al contrario, che le attività da cui ci si sottrae con il rifiuto, sono attività che contrastano esse stesse con la Costituzione o con la Convenzione dei diritti dell’uomo, e, attraverso il rifiuto, si sollecita il Legislatore a ripristinare la legalità.


Con l’obiezione di coscienza invece non si denuncia alcuna incostituzionalità della norma che si intende disattendere e ciò che si invoca sono i personali convincimenti, politici o religiosi, attraverso i quali si ritiene di poter legittimare il proprio rifiuto.



Nel caso della libertà di coscienza il rifiuto è motivato dalla lesione di diritti costituzionali, nel caso della obiezione di coscienza il rifiuto è motivato dalla lesione di convinzioni personali.


Nel caso della libertà di coscienza il cittadino, con il suo rifiuto, può sollecitare il Legislatore a ripristinare principi costituzionali violati; nel caso della obiezione di coscienza il cittadino con il suo rifiuto non può pretende che il Legislatore si adegui alle sue convinzioni personali.



L’obiezione di coscienza nel nostro Paese è il paravento della misoginia religiosa.



Se partiamo dalla premessa antropologica secondo la quale il Potere passa attraverso il controllo della sessualità femminile e questo controllo, a sua volta, si declina nella limitazione all’accesso all’educazione sessuale, alla fecondazione assistita, alla contraccezione, alla interruzione di gravidanza, si spiega come mai l’obiezione di coscienza ruota sempre attorno alla sfera sessuale femminile.



Se recandoci in un ospedale pubblico trovassimo un medico che si rifiuta di praticarci una trasfusione di sangue per motivi religiosi, la nostra rabbia e la nostra indignazione sarebbe giustificata dalla considerazione che è inaccettabile un’obiezione di coscienza legata a una pratica medica che il legislatore ritiene lecita.


Se alla trasfusione di sangue sostituiamo l’interruzione di gravidanza dovremmo giungere alle stesse conclusioni, e invece il discorso cambia perché in questo caso il Legislatore ha permesso ai medici di rifiutarsi, per motivi religiosi e di coscienza, di praticare un’assistenza lecita e dovuta.



Noi demoatei non vogliamo comprimere le remore morali dei ginecologi che si rifiutano di dare assistenza sanitaria alle donne, ma vogliamo che questo diniego non sia possibile esercitarlo nelle strutture pubbliche o nell’espletamento di un pubblico servizio.


Noi demoatei vogliamo che nell’esercizio delle professioni sanitarie nelle strutture pubbliche non ci siano remore morali e pertanto se la religione impedisce ad un medico di praticare le trasfusioni di sangue come terapia lecita, sicuramente quel medico dovrà scegliere di non fare l’ematologo, mentre se la religione impedisce ad un medico di praticare l’interruzione di gravidanza, quel medico potrà sempre scegliere di fare il dentista o l’ortopedico, non deve necessariamente fare il ginecologo, ovviamente se opera nella sanità pubblica.
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