Una delle tante inefficienze calabresi mi è toccata viverla sulla mia pelle, da insegnante presso un istituto comprensivo di Cassano Ionio. A causa della presenza di un alunno positivo al Sars Cov2, insieme a colleghi e colleghe, sono stata messa in quarantena con ordinanza dell'Asp di Cosenza, fino a nuova comunicazione da parte della stessa Asp.
Rassegnata alla giusta reclusione, ho affrontato la quarantena serenamente dedicandomi ai miei hobby.
Le disposizioni nazionali prevedono che dopo dieci giorni la persona in quarantena può eseguire un tampone molecolare o antigenico di ultima generazione e, comunicando all'Asp l'esito negativo del tampone, chiedere l'interruzione di quarantena. Altrimenti attendere i fatidici quattordici giorni dall'ultimo contatto con la persona positiva previsti.
Detto così sembra tutto semplice, il problema è che per uscire dalla quarantena bisogna che i comuni ricevano la disposizione di fine quarantena dall'ASP, che il sindaco firmi l'ordinanza di fine quarantena, che il messo comunale o la polizia municipale notifichi l'ordinanza di fine quarantena di persona personalmente, come direbbe il compianto Camilleri. Nel 2021, quando basterebbe che l'ASP, in caso di coinvolgimento degli istituti scolastici, inviasse notifica collettiva alla pec della scuola e alla pec dei sindaci per liberare chi è rimasto recluso in casa per il tempo dovuto.
Invece nulla. Trascorsi i giorni, inviate le email di sollecito all'ufficio competente, nonostante la sollecitazione della dirigenza scolastica per porre i docenti e le docenti nelle condizioni di riprendere serenamente il lavoro in presenza, la scuola secondaria di primo grado dove insegno è rimasta chiusa alla didattica in presenza anche per le classi prime medie per mancanza di docenti e, ancora oggi, al mio diciassettesimo giorno di isolamento, presso gli uffici dei sindaci coinvolti non sono giunte disposizioni dall'ASP per far terminare la nostra quarantena e darci il permesso di uscire per le necessità essenziali alla sopravvivenza e per andare al lavoro.
Oltre alla nostra quarantena c'è stata, ed è tuttora in corso, la quarantena di quattro intere classi. Ovviamente lavoriamo in Dad e non vorrei che questa fosse una legittimazione della negazione dei nostri diritti, un precedente pericoloso.
In questi giorni in cui cerco di muovermi attraverso legali, attraverso sindacati per poter andare almeno da mia madre anziana, invalida e sola, che necessita della mia presenza e che non vedo dal 21 marzo, ho scoperto che la quarantena si è trasformata in arresto domiciliare prolungato per diverse persone, anche interi nuclei familiari, a cui la risposta alla domanda: “quando arriverà l'ordinanza per porre fine alla quarantena?” è sempre la stessa: abbiamo moltissime ordinanze da inviare. Ma come? All'Asp di Cosenza dove gli straordinari d'oro sono una triste peculiarità, questi soggetti non possono utilizzare il loro più che redditizio straordinario per restituire la libertà alle persone che, giustamente e correttamente, osservano la quarantena?
Le domande che mi pongo, in questa situazione, sono diverse, ma su tutte una assilla ossessivamente la mia mente: qual è il prezzo che noi docenti dobbiamo pagare per svolgere un lavoro che amiamo, che ha una retribuzione palesemente inadeguata rispetto all'impegno richiesto, che ha scarso riconoscimento sociale? E ogni volta che mi pongo questa domanda, trovo una sola risposta: la nostra libertà e la nostra incolumità perché ogni giorno, quando non siamo in quarantena, condividiamo luoghi, spazi, aria con i nostri alunni e le nostre alunne, che, pur rispettando dentro la scuola le misure adottate per contenere i contagi, appena fuori dalla scuola vivono in contesti dove tutto è saltato e il rischio di contagio è altissimo come dimostrano le percentuali di contagi che affliggono la regione Calabria.
Incolumità e libertà sono diritti fondamentali, che, come tanti altri diritti, nella nostra regione, evidentemente sono negati. Io non ci sto!
Antonia Romano
Demoatea di Cosenza e coordinatrice nazionale di Potere al Popolo